I disturbi dell’umore sono quei disturbi che hanno come caratteristica predominante un’alterazione del tono dell’umore. Sono molto diffusi nella popolazione e costituiscono una delle prime cause di sofferenza psicologica. I principali disturbi dell’umore sono:
– Il disturbo depressivo maggiore, che consiste in una condizione acuta di grave abbassamento dell’umore, tristezza e abbattimento.
– Il disturbo distimico, che è caratterizzato dagli stessi sintomi del disturbo depressivo maggiore, ma con diversa intensità e durata del problema (i sintomi sono più lievi, ma durano molto a lungo, anche per anni).
– I disturbi bipolari, che sono caratterizzati dall’alternarsi degli stati depressivi con fasi di umore esageratamente elevato,espansivo o irritabile.
1) La depressione è un disturbo molto diffuso. Secondo il DSM IV la prevalenza del disturbo depressivo maggiore in età adulta è del 10-25% nelle donne e del 5-12% negli uomini, cifre che dimostrano in modo chiaro l’ampia diffusione di questa patologia. Il disturbo depressivo può colpire chiunque a qualunque età, ma è più frequente tra i 25 e i 44 anni di età ed è, dopo l’età puberale, maggiormente presente nelle donne (in un rapporto di 2 a 1 rispetto agli uomini).
Tutti sperimentano momenti di tristezza e di sconforto, specialmente in occasione di un evento particolarmente drammatico, come una perdita o un lutto. La tristezza è un’emozione universale, e quindi assolutamente normale in alcune circostanze. La depressione clinica si distingue da un normale abbassamento del tono dell’umore per la sua persistenza e per la presenza di particolari sintomi. Chi ne soffre ha un umore depresso per tutta la giornata per più giorni di seguito, e non riesce più a provare interesse e piacere nelle attività che prima lo interessavano e lo facevano stare bene. Si sente triste e irritabile, stanco, ha pensieri negativi, e spesso sente la vita come dolorosa e senza senso. All’umore depresso, e alla perdita di interesse in qualsiasi attività, si associano altri sintomi specifici:
• aumento o diminuzione significative dell’appetito e quindi del peso corporeo;
• disturbi del sonno;
• rallentamento o agitazione;
• mancanza di energie, affaticamento, stanchezza;
• senso di colpa, pensieri di fallimento e di autosvalutazione;
• difficoltà a concentrarsi e a prendere decisioni;
• pensieri di morte o di suicidio.
L’episodio depressivo maggiore vero e proprio è caratterizzato dalla presenza di almeno cinque dei sintomi sopra elencati. Tali sintomi devono durare almeno due settimane, e devono causare una compromissione significativa del funzionamento sociale, lavorativo o di altre aree importanti. E’ importante sottolineare però che ogni persona è diversa, e che non tutti corrispondono perfettamente a questi criteri diagnostici. Anche chi non corrisponde perfettamente alla descrizione dell’episodio depressivo maggiore può presentare una sofferenza ed una compromissione della qualità della vita che devono essere affrontate correttamente. La depressione richiede un intervento psicoterapeutico adeguato. E’ inutile spronare chi è depresso a reagire e a “farcela da solo” (il fallimento aumenterà il suo senso di colpa e di autosvalutazione). L’atteggiamento più utile è aiutare la persona depressa ad intraprendere un percorso di cura fatto di un’adeguata psicoterapia ed un’eventuale terapia farmacologica. E’ ampiamente dimostrato che la psicoterapia, in particolare la terapia cognitivo-comportamentale, è utile nel contrastare la depressione. La terapia cognitivo-comportamentale risulta efficace sia nel ridurre i sintomi depressivi, sia nel mantenere nel tempo i risultati. La depressione è infatti un disturbo ricorrente e si possono presentare diversi episodi nell’arco della vita. Sebbene i farmaci siano molto efficaci nel ridurre i sintomi acuti, da soli non sono in grado di modificare le cause che innescano la depressione, e, una volta interrotti, la sintomatologia può ripresentarsi.
La psicoterapia è quindi particolarmente importante per affrontare il problema ed evitare le recidive. Nella psicoterapia cognitiva ad orientamento costruttivista, in particolare, assume speciale importanza il significato che il sintomo riveste nella storia e nella vita attuale della persona e nei processi di mantenimento dell’identità personale. All’interno della relazione terapeutica il paziente potrà acquisire la consapevolezza dei propri processi emotivi e sperimentare modalità relazionali più flessibili e articolate.
2) La distimia è un disturbo depressivo cronico. Presenta la sintomatologia tipica del disturbo depressivo:
• alterazioni del sonno;
• alterazioni dell’appetito;
• bassa autostima, sentimenti di insicurezza, inadeguatezza, inefficienza, autosvalutazione;
• difficoltà di concentrazione e di prendere decisioni;
• sconforto, tristezza, disperazione, pessimismo;
• astenia e affaticabilità.
Rispetto al disturbo depressivo maggiore, il disturbo distimico è caratterizzato da sintomi più attenuati e comporta una minore compromissione delle relazioni sociali e delle attività lavorative, ma è molto più persistente nel tempo. Il DSM-IV definisce il disturbo come caratterizzato da umore depresso, per la maggior parte del giorno, da almeno due anni. La distimia può comparire sin dall’adolescenza. Si riscontra più frequentemente nella fascia di età che va dai 18 ai 45 anni e spesso sopraggiunge dopo uno o più episodi di depressione maggiore. La prevalenza del disturbo distimico nell’età adulta è nel complesso del 6% e il rapporto femmine/maschi è di circa 2:1. Per il suo carattere cronico, il riconoscimento del disturbo distimico è spesso difficile e chi ne soffre pensa che il suo malessere sia parte del suo carattere da sempre e che non si possa fare nulla per cambiarlo. In realtà la distimia può essere efficacemente affrontata intraprendendo un adeguato percorso di cura. All’interno della relazione psicoterapeutica sarà possibile esplorare il processo attraverso il quale la persona è arrivata a “costruire” una certa immagine di sé e del mondo, e sperimentare modalità relazionali più articolate e flessibili.
3) Il disturbo bipolare (detto anche maniaco-depressivo) colpisce circa 1 persona su 100, con la stessa probabilità per gli uomini e le donne. Di solito il primo episodio si sviluppa nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, per poi aversi più o meno frequentemente per tutta la vita. E’ un disturbo caratterizzato da gravi alterazioni dell’umore, dei pensieri e dei comportamenti. Chi ne soffre può essere al settimo cielo in un periodo e alla disperazione in un altro, senza alcuna ragione apparente. Non esiste un’unica causa del disturbo bipolare, anche se è stato dimostrato che i fattori genetici giocano un ruolo importante nella vulnerabilità a sviluppare il disturbo. Chi ha un parente prossimo che soffre o ha sofferto di questa patologia ha una maggiore vulnerabilità, ossia probabilità di sviluppare il disturbo in date circostanze. Altri fattori che possono svolgere un ruolo importante sono gli eventi di vita stressanti, il consumo di sostanze, una bassa qualità di vita, alcuni farmaci, e così via. L’abuso di alcol o droga si associa frequentemente al disturbo bipolare e lo può peggiorare gravemente.
E’ la combinazione tra questi fattori e la vulnerabilità del soggetto a provocare la malattia.
Durante le fasi maniacali la persona può essere eccessivamente disinibita e presentare comportamenti socialmente inappropriati. Si sente particolarmente euforica e spesso commette azioni impulsive che possono risultare pericolose o dannose per se stessa o per gli altri, o intraprende azioni avventate. Spesso si presentano sintomi come la forte distraibilità, l’affollarsi dei pensieri, fino ad arrivare a deliri di grandezza o paranoia. Il comportamento diventa disorganizzato e inconcludente: vengono intraprese contemporaneamente numerose attività, e spesso non ne viene conclusa nessuna. Chi è in fase maniacale percepisce una grande energia, tanto da non sentire il bisogno di mangiare né dormire. Spesso i sensi sembrano affinarsi e la percezione diventa più vivida. Anche il desiderio sessuale può aumentare, diventando quasi impellente, con comportamenti impulsivi. Queste fasi di eccitazione possono essere più o meno gravi (maniacali o ipomaniacali) e possono comportare gravi danni. Alle fasi maniacali seguono quelle depressive. L’umore è molto basso, con senso di disperazione e perdita di interesse e di piacere in tutte o quasi le attività. Il sonno e l’appetito possono aumentare o diminuire. Ci si sente senza energie e facilmente affaticati, con una grande difficoltà nel concentrarsi e nel prendere decisioni. Possono essere presenti sentimenti di inadeguatezza, di colpa, di autosvalutazione e pensieri di morte. Anche la fase depressiva comporta gravi compromissioni nel lavoro, nello studio e nelle relazioni.
Il disturbo bipolare è una malattia seria e deve essere affrontata adeguatamente. Obiettivo del trattamento del disturbo bipolare è la stabilizzazione dell’umore, la riduzione della frequenza e la gravità degli episodi maniacali e depressivi, e la prevenzione delle ricadute future. Per raggiungere questi obiettivi è necessaria un’adeguata cura farmacologica, sotto il controllo di un medico-specialista. Le ricerche scientifiche dimostrano che quando il trattamento farmacologico è associato alla psicoterapia cognitivo-comportamentale si ha una maggiore stabilizzazione dell’umore e una più significativa riduzione delle ricadute. La terapia infatti aiuta la persona che soffre di disturbo bipolare, e i suoi familiari, a comprendere il disturbo, il suo funzionamento e l’impatto che può avere sulla vita dell’individuo. Attraverso la terapia è possibile acquisire strumenti utili ad affrontare le fasi maniacali e depressive, imparare a riconoscere precocemente i segnali della ricaduta ed escogitare appropriate strategie che riducano i comportamenti nocivi. La psicoterapia aiuta anche la persona ad essere più costante e motivata nell’assunzione dei farmaci, a incrementare stili di vita regolari, e a trovare strategie più efficaci nell’affrontare le difficoltà quotidiane, come la gestione della rabbia o l’incremento delle abilità di comunicazione e sociali.
Con piacere ospito il contributo della collega Lorena Ferrero, Psicologa e Psicoterapeuta che esercita a Torino a proposito del “senso di colpa”
http://www.studiopsicologotorino.it/2019/03/16/liberarsi-dai-sensi-di-colpa/